
Divina Misericordia Diffusione Culto compartilhou a foto de Andrea Alessandro Sartini I.
PARTE PRIMA
LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA
LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
CAPITOLO PRIMO
IO CREDO IN DIO PADRE
ARTICOLO 1
“IO CREDO IN DIO PADRE ONNIPOTENTE CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA”
PARAGRAFO 4
IL CREATORE
V. Dio realizza il suo disegno: la Provvidenza divina
La Provvidenza e lo scandalo del male
313 “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità:
Così santa Caterina da Siena dice a “coloro che si scandalizzano e si ribellano davanti a ciò che loro capita”: “Tutto viene dall’amore, tutto è ordinato alla salvezza dell’uomo, Dio non fa niente se non a questo fine” [Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138].
E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: “Nulla accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio” [San Tommaso More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del 22 giugno].
E Giuliana di Norwich: “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene. … : “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà per il bene” [Giuliana di Norwich, Rivelazioni dell’amore divino, 32].
FONTE CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA PER L’ITALIA:
http://www.vatican.va/archive/ ITA0014/__P18.HTM
RIFERIMENTO 1) CCC 313 (CEI):
Rm 8, 28
[28] Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
FONTE SACRA SCRITTURA (CEI 2008):
http://www.vatican.va/archive/ ITA0001/__PX5.HTM
RIFERIMENTO 2) CCC 313 (CEI):
Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138
138
Allora quella anima, aprendo l'occhio dell’intelletto col lume della santissima fede nella divina sua maestà con (145v) veemente desiderio, perché per le parole dette più conosceva della sua verità nella dolce Provvidenza sua, per obbedire al comandamento suo, specolandosi ne l'abisso della sua carità vedeva come egli era somma ed eterna Bontà, e come per solo amore ci aveva creati e ricomprati del sangue del suo Figlio; e con questo amore medesimo dava ciò che egli dava e permetteva: tribolazioni e consolazioni e ogni cosa era dato per amore e per provedere a la salvezza dell’uomo, e non per verun altro fine. Il sangue sparto, il quale vedeva, con tanto fuoco d'amore, manifestava che questo era la verità.
Allora diceva il sommo ed eterno Padre: - Questi sono come aciecati per il proprio amore che hanno di loro medesimi, scandelizzandosi con molta impazienza. Io ti parlo ora in particolare e in generale, ripigliando quello ch'Io ti dicevo. Essi giudicano in male, e in loro danno e ruina e in odio, quello che Io fo per amore e per loro bene, per privarli delle pene etternali, e per guadagno e per darlo' vita eterna. § 35, 179ss.; § 135 ,11) E perché dunque si lagnano di me? Perché non sperano in me ma in loro medesimi; già ti ho detto che per questo vengono a tenebre, sì che non cognoscono. Così odiano quello che debbono avere in deferenza, e come superbi vogliono giudicare gli occulti miei giudicii, i quali sono tutti dritti. Ma essi fanno come il cieco, che col tatto della mano, o alcune volte col sapore del gusto, e quando col suono della voce, vorrà giudicare in bene e in male, secondo il suo basso infermo e piccolo sapere. E non si vorranno attenere a me, che sono vero lume e sono colui che gli notrico spiritualmente e corporalmente, e senza me veruna cosa possono avere.
E se alcune volte sono servito da la creatura, Io sono colui che gli ho dato la volontà e l'attitudine, e il potere e il sapere a poterlo fare. Ma come matto egli vuole andare col sentimento della mano, che è ingannata nel suo toccare, perché non ha lume per (146r) discernere il colore; e così il gusto s'inganna, perché non vede l'animale immondo che si pone alcune volte in sul cibo; l'orecchia è ingannata nel diletto del suono, perché non vede colui che canta, il quale con quello suono, se non si guardasse da lui, per lo diletto egli gli può dare la morte.
Così fanno costoro i quali, come aciecati, perduto il lume della ragione, toccando con la mano del sentimento sensitivo i diletti del mondo gli paiono buoni; ma perché egli non vede non si guarda, ché egli è uno panno mischiato di molte spine, con molta miseria e grandi affanni, in tanto che il cuore che lo possiede fuore di me è in comportabile a se medesimo.
Così la bocca del desiderio che disordinatamente l'ama, le paiono dolci e soavi a prendere, ed egli v'è su l'animale immondo di molti peccati mortali, i quali fanno immonda l'anima e dilonganla da la similitudine mia e tollonla della vita della grazia. Così se egli non va col lume della santissima fede a purificarla nel sangue, n'ha morte eterna. L'udire è l'amore proprio di sé, che gli pare che gli faccia uno dolce suono. Perché gli pare? Perché l'anima corre dietro a l'amore della propria sensualità. Ma perché non vede è ingannato dal suono, e perché gli andò dietro con disordinato diletto, trovasi menato nella fossa, (Mt 15,14 Lc 6,39) legato col legame della colpa, menato nelle mani dei nemici suoi, poiché come aciecato dal proprio amore e confidanza che hanno posta a loro medesimi e al loro proprio sapere, non s'attengono a me che sono guida e via loro.
La quale via vi fu fatta dal Verbo del mio Figlio, il quale disse che era via verità e vita. Ed è lume, così chi va per lui non può essere ingannato né andare per le tenebre. E alcun può venire a me se non per lui, perché egli è una cosa con me; (Jn 14,6 Jn 10,30) e già ti dissi che Io ve n'avevo fatto ponte affinché tutti poteste venire al termine vostro. E nondimeno con tutto questo (146v) non si fidano di me, che non voglio altro che la loro santificazione, (1Th 4,3) e per questo fine, con grande amore, lo' do e permetto ogni cosa. Ed essi sempre si scandelizzano in me, e Io con pazienza gli porto e gli sostengo, poiché Io gli amai senza essere amato da loro. (1Jn 4,10) Ed eglino sempre mi persegueno con molta impazienza, odio e mormorazioni e con molta infedeltà, volendosi porre a investigare secondo il loro cieco vedere gli occulti miei giudicii, i quali sono fatti tutti giustamente e per amore. E non cognoscono ancora loro medesimi, e però vedono falsamente, poiché chi non conosce se medesimo non può conoscere me, né le giustizie mie in verità.
FONTE TESTO SPIRITUALITA’ DOMENICANA
http://www.preticattolici.it/ Santa%20Caterina.htm#maestà
RIFERIMENTO 3) CCC 313 (CEI):
San Tommaso More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del 22 giugno
Dalla «Lettera» di Tommaso More, scritta in carcere alla figlia Margaret Roper.
Mi rimetto interamente a Dio, sperando pienamente in lui
Mia cara Margherit, io so che, per la mia cattiveria, meriterei di esser abbandonato da Dio, tuttavia non posso che confidare nella sua misericordiosa bontà, poiché la sua grazia mi ha fortificato sino ad ora e ha dato tanta serenità e gioia al mio cuore da rendermi del tutto disposto a perdere i beni, la patria e persino la vita, piuttosto che giurare contro la mia coscienza. Egli ha reso il re favorevole verso di me, tanto che finora si é limitato a togliermi solo la libertà. Dirò di più. La grazia di Dio mi ha fatto così gran bene e dato tale forza spirituale da farmi considerare la carcerazione come il principale dei benefici elargitimi.
Non posso, perciò, dubitare della grazia di Dio. Se egli vorrà, potrà mantenere benevolo il re nei miei riguardi, al fine che non mi faccia alcun male. Ma se decide ch'io soffra per i miei peccati, la sua grazia mi darà certo la forza di accettare tutto pazientemente, e forse anche gioiosamente. La sua infinita bontà, per i meriti della sua amarissima passione, farà sì che le mie sofferenze servano a liberarmi dalle pene del purgatorio e anzi ad ottenermi la ricompensa desiderata in cielo.
Dubitare di lui, mia piccola Margherita, io non posso e non voglio, sebbene mi senta tanto debole. E quan'anche io dovessi sentire paura al punto da essere sopraffatto, allora mi ricorderai di san Pietro, che per la sua poca fede cominciò ad affondare nel lago al primo colpo di vento, e farei come fece lui, invocherei cioè Cristo e lo pregherei di aiutarmi. Senza dubbio allora egli mi porgerebbe la sua santa mano per impedirmi di annegare nel mare tempestoso. Se poi egli dovesse permettere che imiti ancora in peggio san Pietro, nel cedere, giurare e spergiurare (me ne scampi e liberi nostro Signore nella sua amorissima passione, e piuttosto mi faccia perdere, che vincere a prezzo di tanta bassezza), anche in questo caso non cesserei di confidare nella sua bontà, sicuro che egli porrebbe su di me il suo pietosissimo occhio, come fece con san Pietro, e mi aiuterebbe a rialzarmi e confessare nuovamente la verità, che sento nella mia conoscenza. Mi farebbe sentire qui in terra la vergogna e il dolore per il mio peccato.
Ad ogni modo, mia Margherita, io so bene che senza mia colpa egli non permetterà mai che io perisca. Per questo io mi rimetto interamente in lui pieno della più forte fiducia. Ma facendo anche l'ipotesi della mia perdizione per i miei peccati, anche allora io servirei a lode della giustizia divina. Ho però ferma fiducia, Margherita, e nutro certa speranza che la tenerissima pietà di Dio salverà la mia povera anima e mi concerderà di lodare la sua misericordia. Perciò, mia buona figlia, non turbare mai il tuo cuore per alcunché mi possa accadere in questo mondo. Nulla accade che Dio non voglia, ed io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio.
FONTE LETTERARIA:
(Da: Correspondence, ed. by E. F. Rogers, Princeton, 1947, pp. 530-532)
FONTE WEB:
http:// liturgia.silvestrini.org/santo/ 211.html
RIFERIMENTO 4) CCC 313 (CEI):
Giuliana di Norwich, Rivelazioni dell’amore divino, 32
Dal Libro delle Rivelazioni di Giuliana di Norwich.
Cap. 32. Op. cit., pp. 173-174.
TUTTO FINIRÀ BENE (CONTINUAZIONE)
Quando il Signore mi disse: “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà bene”, in questa espressione la mia
anima colse diverse maniere di intendere. Una era questa: Gesù vuole farci sapere che egli non bada solo alle cose nobili e grandi, ma anche a quelle umili e piccole, a ciò che è modesto e semplice. Questo è il suo pensiero quando dice: “Ogni specie di cosa sarà bene”. Egli vuole che sappiamo che anche la cosa più piccola non sarà
dimenticata né perduta. Un altro significato è questo: sono tante le azioni cattive fatte davanti ai nostri occhi, e sono tanti i mali, che ci sembra del tutto impossibile che le cose possano giungere a buon fine. Noi ci affliggiamo su queste cose, senza riuscire ad entrare nei piani di Dio come dovremmo. Ciò succede perché la nostra ragione è così cieca e debole che non riusciamo a conoscere la stupenda sapienza, la potenza e la bontà della Trinità beata. Nelle parole: “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà bene” è come se Nostro Signore dicesse: “Accetta ora con fede e fiducia, e alla fine estrema tu vedrai perfettamente in pienezza di gioia”. Queste parole ci devono confortare nel pensiero di ciò
che Dio farà più tardi. C’è un’opera che la beatissima Trinità compirà nell’ultimo giorno; quale opera sarà e come si
realizzerà resta ancora ignoto a tutte le creature fino a quando sarà compiuta.
FONTE TESTO:
http://www.certosini.info/ preghiera/lezion/c/ lp_feriali_C_02_avv.pdf
IMMAGINE:
Beata Giuliana di Norwich
TESTO IMMAGINE:
BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo AVI
Mercoledì, 1 dicembre 2010
Giuliana di Norwich
Cari fratelli e sorelle,
ricordo ancora con grande gioia il Viaggio apostolico compiuto nel Regno Unito nello scorso settembre. L’Inghilterra è una terra che ha dato i natali a tante figure illustri che con la loro testimonianza ed il loro insegnamento abbelliscono la storia della Chiesa. Una di esse, venerata tanto dalla Chiesa Cattolica quanto dalla Comunione anglicana, è la mistica Giuliana di Norwich, di cui vorrei parlarvi questa mattina.
Le notizie di cui disponiamo sulla sua vita – non molte – sono desunte principalmente dal libro in cui questa donna gentile e pia ha raccolto il contenuto delle sue visioni, intitolato Rivelazioni dell’Amore divino. Si sa che è vissuta dal 1342 al 1430 circa, anni tormentati sia per la Chiesa, lacerata dallo scisma seguito al ritorno del Papa da Avignone a Roma, sia per la vita della gente che subiva le conseguenze di una lunga guerra tra il regno d’Inghilterra e quello di Francia. Dio, però, anche nei tempi di tribolazione, non cessa di suscitare figure come Giuliana di Norwich, per richiamare gli uomini alla pace, all’amore e alla gioia.
Come ella stessa ci racconta, nel maggio del 1373, probabilmente il 13 di quel mese, fu colpita all’improvviso da una malattia gravissima che in tre giorni sembrò portarla alla morte. Dopo che il sacerdote, accorso al suo capezzale, le mostrò il Crocifisso, Giuliana non solo riacquistò prontamente la salute, ma ricevette quelle sedici rivelazioni che successivamente riportò per iscritto e commentò nel suo libro, le Rivelazioni dell’Amore divino. E fu proprio il Signore che, quindici anni dopo questi avvenimenti straordinari, le svelò il senso di quelle visioni. “Vorresti sapere cosa ha inteso il tuo Signore e conoscere il senso di questa rivelazione? Sappilo bene: amore è ciò che Lui ha inteso. Chi te lo rivela? L’amore. Perché te lo rivela? Per amore ... Così imparai che nostro Signore significa amore” (Giuliana di Norwich, Il libro delle rivelazioni, cap. 86, Milano 1997, p. 320).
Ispirata dall’amore divino, Giuliana operò una scelta radicale. Come un’antica anacoreta, scelse di vivere all’interno di una cella, collocata in prossimità della chiesa intitolata a san Giuliano, dentro la città di Norwich, ai suoi tempi un importante centro urbano, vicino a Londra. Forse, assunse il nome di Giuliana proprio da quello del santo cui era dedicata la chiesa presso cui visse per tanti anni, sino alla morte. Potrebbe sorprenderci e persino lasciarci perplessi questa decisione di vivere “reclusa”, come si diceva ai suoi tempi. Ma non era la sola a compiere tale scelta: in quei secoli un numero considerevole di donne optò per questo genere di vita, adottando delle regole appositamente elaborate per esse, come quella composta da sant’Aelredo di Rievaulx. Le anacorete o “recluse”, all’interno della loro cella, si dedicavano alla preghiera, alla meditazione e allo studio. In tal modo, maturavano una sensibilità umana e religiosa finissima, che le rendeva venerate dalla gente. Uomini e donne di ogni età e condizione, bisognosi di consigli e di conforto, le ricercavano devotamente. Quindi non era una scelta individualistica; proprio con questa vicinanza al Signore maturava in lei anche la capacità di essere consigliera per tanti, di aiutare quanti vivevano in difficoltà in questa vita.
Sappiamo che anche Giuliana riceveva frequenti visite, come ci è attestato dall’autobiografia di un’altra fervente cristiana del suo tempo, Margery Kempe, che si recò a Norwich nel 1413 per ricevere suggerimenti sulla sua vita spirituale. Ecco perché, quando Giuliana era viva, era chiamata, com’è scritto sul monumento funebre che ne raccoglie le spoglie: “Madre Giuliana”. Era divenuta una madre per molti.
Le donne e gli uomini che si ritirano per vivere in compagnia di Dio, proprio grazie a questa loro scelta, acquisiscono un grande senso di compassione per le pene e le debolezze degli altri. Amiche ed amici di Dio, dispongono di una sapienza che il mondo, da cui si allontanano, non possiede e, con amabilità, la condividono con coloro che bussano alla loro porta. Penso, dunque, con ammirazione e riconoscenza, ai monasteri di clausura femminili e maschili che, oggi più che mai, sono oasi di pace e di speranza, prezioso tesoro per tutta la Chiesa, specialmente nel richiamare il primato di Dio e l’importanza di una preghiera costante e intensa per il cammino di fede.
Fu proprio nella solitudine abitata da Dio che Giuliana di Norwich compose le Rivelazioni dell’Amore divino, di cui ci sono giunte due redazioni, una più breve, probabilmente la più antica, ed una più lunga. Questo libro contiene un messaggio di ottimismo fondato sulla certezza di essere amati da Dio e di essere protetti dalla sua Provvidenza. Leggiamo in questo libro le seguenti stupende parole: “Vidi con assoluta sicurezza ... che Dio prima ancora di crearci ci ha amati, di un amore che non è mai venuto meno, né mai svanirà. E in questo amore Egli ha fatto tutte le sue opere, e in questo amore Egli ha fatto in modo che tutte le cose risultino utili per noi, e in questo amore la nostra vita dura per sempre ... In questo amore noi abbiamo il nostro principio, e tutto questo noi lo vedremo in Dio senza fine” (Il libro delle rivelazioni, cap. 86, p. 320).
Il tema dell’amore divino ritorna spesso nelle visioni di Giuliana di Norwich che, con una certa audacia, non esita a paragonarlo anche all’amore materno. È questo uno dei messaggi più caratteristici della sua teologia mistica. La tenerezza, la sollecitudine e la dolcezza della bontà di Dio verso di noi sono così grandi che, a noi pellegrini sulla terra, evocano l’amore di una madre per i propri figli. In realtà, anche i profeti biblici a volte hanno usato questo linguaggio che richiama la tenerezza, l’intensità e la totalità dell’amore di Dio, che si manifesta nella creazione e in tutta la storia della salvezza e ha il culmine nell’Incarnazione del Figlio. Dio, però, supera sempre ogni amore umano, come dice il profeta Isaia: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49, 15). Giuliana di Norwich ha compreso il messaggio centrale per la vita spirituale: Dio è amore e solo quando ci si apre, totalmente e con fiducia totale, a questo amore e si lascia che esso diventi l’unica guida dell’esistenza, tutto viene trasfigurato, si trovano la vera pace e la vera gioia e si è capaci di diffonderle intorno a sé.
Vorrei sottolineare un altro punto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica riporta le parole di Giuliana di Norwich quando espone il punto di vista della fede cattolica su un argomento che non cessa di costituire una provocazione per tutti i credenti (cfr nn. 304-314). Se Dio è sommamente buono e sapiente, perché esistono il male e la sofferenza degli innocenti? Anche i santi, proprio i santi, si sono posti questa domanda. Illuminati dalla fede, essi ci danno una risposta che apre il nostro cuore alla fiducia e alla speranza: nei misteriosi disegni della Provvidenza, anche dal male Dio sa trarre un bene più grande come scrisse Giuliana di Norwich: “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene …” (Il libro delle rivelazioni, cap. 32, p. 173).
Sì, cari fratelli e sorelle, le promesse di Dio sono sempre più grandi delle nostre attese. Se consegniamo a Dio, al suo immenso amore, i desideri più puri e più profondi del nostro cuore, non saremo mai delusi. “E tutto sarà bene”, “ogni cosa sarà per il bene”: questo il messaggio finale che Giuliana di Norwich ci trasmette e che anch’io vi propongo quest’oggi. Grazie.
FONTE TESTO IMMAGINE:
http://www.vatican.va/ holy_father/benedict_xvi/ audiences/2010/documents/ hf_ben-xvi_aud_20101201_it.html
FONTE IMMAGINE:
http://www.santiebeati.it/ immagini/ ?mode=view&album=53040&pic=5304 0B.JPG&dispsize=Original&start =0
NOTE:
Non c'è alcuna traccia di una eventuale beatificazione di Giuliana, e nemmeno di culto pubblico: tuttavia ella è talvolta chiamata beata e ricordata il 13 o il 14 maggio.
FONTE NOTA:
http://www.santiebeati.it/ dettaglio/53040
GRUPPO FACEBOOK CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA:
http://www.facebook.com/ groups/ catechismo.chiesa.cattolica/
LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA
LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
CAPITOLO PRIMO
IO CREDO IN DIO PADRE
ARTICOLO 1
“IO CREDO IN DIO PADRE ONNIPOTENTE CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA”
PARAGRAFO 4
IL CREATORE
V. Dio realizza il suo disegno: la Provvidenza divina
La Provvidenza e lo scandalo del male
313 “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità:
Così santa Caterina da Siena dice a “coloro che si scandalizzano e si ribellano davanti a ciò che loro capita”: “Tutto viene dall’amore, tutto è ordinato alla salvezza dell’uomo, Dio non fa niente se non a questo fine” [Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138].
E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: “Nulla accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio” [San Tommaso More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del 22 giugno].
E Giuliana di Norwich: “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene. … : “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà per il bene” [Giuliana di Norwich, Rivelazioni dell’amore divino, 32].
FONTE CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA PER L’ITALIA:
http://www.vatican.va/archive/
RIFERIMENTO 1) CCC 313 (CEI):
Rm 8, 28
[28] Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
FONTE SACRA SCRITTURA (CEI 2008):
http://www.vatican.va/archive/
RIFERIMENTO 2) CCC 313 (CEI):
Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138
138
Allora quella anima, aprendo l'occhio dell’intelletto col lume della santissima fede nella divina sua maestà con (145v) veemente desiderio, perché per le parole dette più conosceva della sua verità nella dolce Provvidenza sua, per obbedire al comandamento suo, specolandosi ne l'abisso della sua carità vedeva come egli era somma ed eterna Bontà, e come per solo amore ci aveva creati e ricomprati del sangue del suo Figlio; e con questo amore medesimo dava ciò che egli dava e permetteva: tribolazioni e consolazioni e ogni cosa era dato per amore e per provedere a la salvezza dell’uomo, e non per verun altro fine. Il sangue sparto, il quale vedeva, con tanto fuoco d'amore, manifestava che questo era la verità.
Allora diceva il sommo ed eterno Padre: - Questi sono come aciecati per il proprio amore che hanno di loro medesimi, scandelizzandosi con molta impazienza. Io ti parlo ora in particolare e in generale, ripigliando quello ch'Io ti dicevo. Essi giudicano in male, e in loro danno e ruina e in odio, quello che Io fo per amore e per loro bene, per privarli delle pene etternali, e per guadagno e per darlo' vita eterna. § 35, 179ss.; § 135 ,11) E perché dunque si lagnano di me? Perché non sperano in me ma in loro medesimi; già ti ho detto che per questo vengono a tenebre, sì che non cognoscono. Così odiano quello che debbono avere in deferenza, e come superbi vogliono giudicare gli occulti miei giudicii, i quali sono tutti dritti. Ma essi fanno come il cieco, che col tatto della mano, o alcune volte col sapore del gusto, e quando col suono della voce, vorrà giudicare in bene e in male, secondo il suo basso infermo e piccolo sapere. E non si vorranno attenere a me, che sono vero lume e sono colui che gli notrico spiritualmente e corporalmente, e senza me veruna cosa possono avere.
E se alcune volte sono servito da la creatura, Io sono colui che gli ho dato la volontà e l'attitudine, e il potere e il sapere a poterlo fare. Ma come matto egli vuole andare col sentimento della mano, che è ingannata nel suo toccare, perché non ha lume per (146r) discernere il colore; e così il gusto s'inganna, perché non vede l'animale immondo che si pone alcune volte in sul cibo; l'orecchia è ingannata nel diletto del suono, perché non vede colui che canta, il quale con quello suono, se non si guardasse da lui, per lo diletto egli gli può dare la morte.
Così fanno costoro i quali, come aciecati, perduto il lume della ragione, toccando con la mano del sentimento sensitivo i diletti del mondo gli paiono buoni; ma perché egli non vede non si guarda, ché egli è uno panno mischiato di molte spine, con molta miseria e grandi affanni, in tanto che il cuore che lo possiede fuore di me è in comportabile a se medesimo.
Così la bocca del desiderio che disordinatamente l'ama, le paiono dolci e soavi a prendere, ed egli v'è su l'animale immondo di molti peccati mortali, i quali fanno immonda l'anima e dilonganla da la similitudine mia e tollonla della vita della grazia. Così se egli non va col lume della santissima fede a purificarla nel sangue, n'ha morte eterna. L'udire è l'amore proprio di sé, che gli pare che gli faccia uno dolce suono. Perché gli pare? Perché l'anima corre dietro a l'amore della propria sensualità. Ma perché non vede è ingannato dal suono, e perché gli andò dietro con disordinato diletto, trovasi menato nella fossa, (Mt 15,14 Lc 6,39) legato col legame della colpa, menato nelle mani dei nemici suoi, poiché come aciecato dal proprio amore e confidanza che hanno posta a loro medesimi e al loro proprio sapere, non s'attengono a me che sono guida e via loro.
La quale via vi fu fatta dal Verbo del mio Figlio, il quale disse che era via verità e vita. Ed è lume, così chi va per lui non può essere ingannato né andare per le tenebre. E alcun può venire a me se non per lui, perché egli è una cosa con me; (Jn 14,6 Jn 10,30) e già ti dissi che Io ve n'avevo fatto ponte affinché tutti poteste venire al termine vostro. E nondimeno con tutto questo (146v) non si fidano di me, che non voglio altro che la loro santificazione, (1Th 4,3) e per questo fine, con grande amore, lo' do e permetto ogni cosa. Ed essi sempre si scandelizzano in me, e Io con pazienza gli porto e gli sostengo, poiché Io gli amai senza essere amato da loro. (1Jn 4,10) Ed eglino sempre mi persegueno con molta impazienza, odio e mormorazioni e con molta infedeltà, volendosi porre a investigare secondo il loro cieco vedere gli occulti miei giudicii, i quali sono fatti tutti giustamente e per amore. E non cognoscono ancora loro medesimi, e però vedono falsamente, poiché chi non conosce se medesimo non può conoscere me, né le giustizie mie in verità.
FONTE TESTO SPIRITUALITA’ DOMENICANA
http://www.preticattolici.it/
RIFERIMENTO 3) CCC 313 (CEI):
San Tommaso More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del 22 giugno
Dalla «Lettera» di Tommaso More, scritta in carcere alla figlia Margaret Roper.
Mi rimetto interamente a Dio, sperando pienamente in lui
Mia cara Margherit, io so che, per la mia cattiveria, meriterei di esser abbandonato da Dio, tuttavia non posso che confidare nella sua misericordiosa bontà, poiché la sua grazia mi ha fortificato sino ad ora e ha dato tanta serenità e gioia al mio cuore da rendermi del tutto disposto a perdere i beni, la patria e persino la vita, piuttosto che giurare contro la mia coscienza. Egli ha reso il re favorevole verso di me, tanto che finora si é limitato a togliermi solo la libertà. Dirò di più. La grazia di Dio mi ha fatto così gran bene e dato tale forza spirituale da farmi considerare la carcerazione come il principale dei benefici elargitimi.
Non posso, perciò, dubitare della grazia di Dio. Se egli vorrà, potrà mantenere benevolo il re nei miei riguardi, al fine che non mi faccia alcun male. Ma se decide ch'io soffra per i miei peccati, la sua grazia mi darà certo la forza di accettare tutto pazientemente, e forse anche gioiosamente. La sua infinita bontà, per i meriti della sua amarissima passione, farà sì che le mie sofferenze servano a liberarmi dalle pene del purgatorio e anzi ad ottenermi la ricompensa desiderata in cielo.
Dubitare di lui, mia piccola Margherita, io non posso e non voglio, sebbene mi senta tanto debole. E quan'anche io dovessi sentire paura al punto da essere sopraffatto, allora mi ricorderai di san Pietro, che per la sua poca fede cominciò ad affondare nel lago al primo colpo di vento, e farei come fece lui, invocherei cioè Cristo e lo pregherei di aiutarmi. Senza dubbio allora egli mi porgerebbe la sua santa mano per impedirmi di annegare nel mare tempestoso. Se poi egli dovesse permettere che imiti ancora in peggio san Pietro, nel cedere, giurare e spergiurare (me ne scampi e liberi nostro Signore nella sua amorissima passione, e piuttosto mi faccia perdere, che vincere a prezzo di tanta bassezza), anche in questo caso non cesserei di confidare nella sua bontà, sicuro che egli porrebbe su di me il suo pietosissimo occhio, come fece con san Pietro, e mi aiuterebbe a rialzarmi e confessare nuovamente la verità, che sento nella mia conoscenza. Mi farebbe sentire qui in terra la vergogna e il dolore per il mio peccato.
Ad ogni modo, mia Margherita, io so bene che senza mia colpa egli non permetterà mai che io perisca. Per questo io mi rimetto interamente in lui pieno della più forte fiducia. Ma facendo anche l'ipotesi della mia perdizione per i miei peccati, anche allora io servirei a lode della giustizia divina. Ho però ferma fiducia, Margherita, e nutro certa speranza che la tenerissima pietà di Dio salverà la mia povera anima e mi concerderà di lodare la sua misericordia. Perciò, mia buona figlia, non turbare mai il tuo cuore per alcunché mi possa accadere in questo mondo. Nulla accade che Dio non voglia, ed io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio.
FONTE LETTERARIA:
(Da: Correspondence, ed. by E. F. Rogers, Princeton, 1947, pp. 530-532)
FONTE WEB:
http://
RIFERIMENTO 4) CCC 313 (CEI):
Giuliana di Norwich, Rivelazioni dell’amore divino, 32
Dal Libro delle Rivelazioni di Giuliana di Norwich.
Cap. 32. Op. cit., pp. 173-174.
TUTTO FINIRÀ BENE (CONTINUAZIONE)
Quando il Signore mi disse: “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà bene”, in questa espressione la mia
anima colse diverse maniere di intendere. Una era questa: Gesù vuole farci sapere che egli non bada solo alle cose nobili e grandi, ma anche a quelle umili e piccole, a ciò che è modesto e semplice. Questo è il suo pensiero quando dice: “Ogni specie di cosa sarà bene”. Egli vuole che sappiamo che anche la cosa più piccola non sarà
dimenticata né perduta. Un altro significato è questo: sono tante le azioni cattive fatte davanti ai nostri occhi, e sono tanti i mali, che ci sembra del tutto impossibile che le cose possano giungere a buon fine. Noi ci affliggiamo su queste cose, senza riuscire ad entrare nei piani di Dio come dovremmo. Ciò succede perché la nostra ragione è così cieca e debole che non riusciamo a conoscere la stupenda sapienza, la potenza e la bontà della Trinità beata. Nelle parole: “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà bene” è come se Nostro Signore dicesse: “Accetta ora con fede e fiducia, e alla fine estrema tu vedrai perfettamente in pienezza di gioia”. Queste parole ci devono confortare nel pensiero di ciò
che Dio farà più tardi. C’è un’opera che la beatissima Trinità compirà nell’ultimo giorno; quale opera sarà e come si
realizzerà resta ancora ignoto a tutte le creature fino a quando sarà compiuta.
FONTE TESTO:
http://www.certosini.info/
IMMAGINE:
Beata Giuliana di Norwich
TESTO IMMAGINE:
BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo AVI
Mercoledì, 1 dicembre 2010
Giuliana di Norwich
Cari fratelli e sorelle,
ricordo ancora con grande gioia il Viaggio apostolico compiuto nel Regno Unito nello scorso settembre. L’Inghilterra è una terra che ha dato i natali a tante figure illustri che con la loro testimonianza ed il loro insegnamento abbelliscono la storia della Chiesa. Una di esse, venerata tanto dalla Chiesa Cattolica quanto dalla Comunione anglicana, è la mistica Giuliana di Norwich, di cui vorrei parlarvi questa mattina.
Le notizie di cui disponiamo sulla sua vita – non molte – sono desunte principalmente dal libro in cui questa donna gentile e pia ha raccolto il contenuto delle sue visioni, intitolato Rivelazioni dell’Amore divino. Si sa che è vissuta dal 1342 al 1430 circa, anni tormentati sia per la Chiesa, lacerata dallo scisma seguito al ritorno del Papa da Avignone a Roma, sia per la vita della gente che subiva le conseguenze di una lunga guerra tra il regno d’Inghilterra e quello di Francia. Dio, però, anche nei tempi di tribolazione, non cessa di suscitare figure come Giuliana di Norwich, per richiamare gli uomini alla pace, all’amore e alla gioia.
Come ella stessa ci racconta, nel maggio del 1373, probabilmente il 13 di quel mese, fu colpita all’improvviso da una malattia gravissima che in tre giorni sembrò portarla alla morte. Dopo che il sacerdote, accorso al suo capezzale, le mostrò il Crocifisso, Giuliana non solo riacquistò prontamente la salute, ma ricevette quelle sedici rivelazioni che successivamente riportò per iscritto e commentò nel suo libro, le Rivelazioni dell’Amore divino. E fu proprio il Signore che, quindici anni dopo questi avvenimenti straordinari, le svelò il senso di quelle visioni. “Vorresti sapere cosa ha inteso il tuo Signore e conoscere il senso di questa rivelazione? Sappilo bene: amore è ciò che Lui ha inteso. Chi te lo rivela? L’amore. Perché te lo rivela? Per amore ... Così imparai che nostro Signore significa amore” (Giuliana di Norwich, Il libro delle rivelazioni, cap. 86, Milano 1997, p. 320).
Ispirata dall’amore divino, Giuliana operò una scelta radicale. Come un’antica anacoreta, scelse di vivere all’interno di una cella, collocata in prossimità della chiesa intitolata a san Giuliano, dentro la città di Norwich, ai suoi tempi un importante centro urbano, vicino a Londra. Forse, assunse il nome di Giuliana proprio da quello del santo cui era dedicata la chiesa presso cui visse per tanti anni, sino alla morte. Potrebbe sorprenderci e persino lasciarci perplessi questa decisione di vivere “reclusa”, come si diceva ai suoi tempi. Ma non era la sola a compiere tale scelta: in quei secoli un numero considerevole di donne optò per questo genere di vita, adottando delle regole appositamente elaborate per esse, come quella composta da sant’Aelredo di Rievaulx. Le anacorete o “recluse”, all’interno della loro cella, si dedicavano alla preghiera, alla meditazione e allo studio. In tal modo, maturavano una sensibilità umana e religiosa finissima, che le rendeva venerate dalla gente. Uomini e donne di ogni età e condizione, bisognosi di consigli e di conforto, le ricercavano devotamente. Quindi non era una scelta individualistica; proprio con questa vicinanza al Signore maturava in lei anche la capacità di essere consigliera per tanti, di aiutare quanti vivevano in difficoltà in questa vita.
Sappiamo che anche Giuliana riceveva frequenti visite, come ci è attestato dall’autobiografia di un’altra fervente cristiana del suo tempo, Margery Kempe, che si recò a Norwich nel 1413 per ricevere suggerimenti sulla sua vita spirituale. Ecco perché, quando Giuliana era viva, era chiamata, com’è scritto sul monumento funebre che ne raccoglie le spoglie: “Madre Giuliana”. Era divenuta una madre per molti.
Le donne e gli uomini che si ritirano per vivere in compagnia di Dio, proprio grazie a questa loro scelta, acquisiscono un grande senso di compassione per le pene e le debolezze degli altri. Amiche ed amici di Dio, dispongono di una sapienza che il mondo, da cui si allontanano, non possiede e, con amabilità, la condividono con coloro che bussano alla loro porta. Penso, dunque, con ammirazione e riconoscenza, ai monasteri di clausura femminili e maschili che, oggi più che mai, sono oasi di pace e di speranza, prezioso tesoro per tutta la Chiesa, specialmente nel richiamare il primato di Dio e l’importanza di una preghiera costante e intensa per il cammino di fede.
Fu proprio nella solitudine abitata da Dio che Giuliana di Norwich compose le Rivelazioni dell’Amore divino, di cui ci sono giunte due redazioni, una più breve, probabilmente la più antica, ed una più lunga. Questo libro contiene un messaggio di ottimismo fondato sulla certezza di essere amati da Dio e di essere protetti dalla sua Provvidenza. Leggiamo in questo libro le seguenti stupende parole: “Vidi con assoluta sicurezza ... che Dio prima ancora di crearci ci ha amati, di un amore che non è mai venuto meno, né mai svanirà. E in questo amore Egli ha fatto tutte le sue opere, e in questo amore Egli ha fatto in modo che tutte le cose risultino utili per noi, e in questo amore la nostra vita dura per sempre ... In questo amore noi abbiamo il nostro principio, e tutto questo noi lo vedremo in Dio senza fine” (Il libro delle rivelazioni, cap. 86, p. 320).
Il tema dell’amore divino ritorna spesso nelle visioni di Giuliana di Norwich che, con una certa audacia, non esita a paragonarlo anche all’amore materno. È questo uno dei messaggi più caratteristici della sua teologia mistica. La tenerezza, la sollecitudine e la dolcezza della bontà di Dio verso di noi sono così grandi che, a noi pellegrini sulla terra, evocano l’amore di una madre per i propri figli. In realtà, anche i profeti biblici a volte hanno usato questo linguaggio che richiama la tenerezza, l’intensità e la totalità dell’amore di Dio, che si manifesta nella creazione e in tutta la storia della salvezza e ha il culmine nell’Incarnazione del Figlio. Dio, però, supera sempre ogni amore umano, come dice il profeta Isaia: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49, 15). Giuliana di Norwich ha compreso il messaggio centrale per la vita spirituale: Dio è amore e solo quando ci si apre, totalmente e con fiducia totale, a questo amore e si lascia che esso diventi l’unica guida dell’esistenza, tutto viene trasfigurato, si trovano la vera pace e la vera gioia e si è capaci di diffonderle intorno a sé.
Vorrei sottolineare un altro punto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica riporta le parole di Giuliana di Norwich quando espone il punto di vista della fede cattolica su un argomento che non cessa di costituire una provocazione per tutti i credenti (cfr nn. 304-314). Se Dio è sommamente buono e sapiente, perché esistono il male e la sofferenza degli innocenti? Anche i santi, proprio i santi, si sono posti questa domanda. Illuminati dalla fede, essi ci danno una risposta che apre il nostro cuore alla fiducia e alla speranza: nei misteriosi disegni della Provvidenza, anche dal male Dio sa trarre un bene più grande come scrisse Giuliana di Norwich: “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene …” (Il libro delle rivelazioni, cap. 32, p. 173).
Sì, cari fratelli e sorelle, le promesse di Dio sono sempre più grandi delle nostre attese. Se consegniamo a Dio, al suo immenso amore, i desideri più puri e più profondi del nostro cuore, non saremo mai delusi. “E tutto sarà bene”, “ogni cosa sarà per il bene”: questo il messaggio finale che Giuliana di Norwich ci trasmette e che anch’io vi propongo quest’oggi. Grazie.
FONTE TESTO IMMAGINE:
http://www.vatican.va/
FONTE IMMAGINE:
http://www.santiebeati.it/
NOTE:
Non c'è alcuna traccia di una eventuale beatificazione di Giuliana, e nemmeno di culto pubblico: tuttavia ella è talvolta chiamata beata e ricordata il 13 o il 14 maggio.
FONTE NOTA:
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EMANUEL ARAUJO CRISTAO GARANHUNS
![PARTE PRIMA
LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA
LA PROFESSIONE DELLA FEDE CRISTIANA
CAPITOLO PRIMO
IO CREDO IN DIO PADRE
ARTICOLO 1
“IO CREDO IN DIO PADRE ONNIPOTENTE CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA”
PARAGRAFO 4
IL CREATORE
V. Dio realizza il suo disegno: la Provvidenza divina
La Provvidenza e lo scandalo del male
313 “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità:
Così santa Caterina da Siena dice a “coloro che si scandalizzano e si ribellano davanti a ciò che loro capita”: “Tutto viene dall’amore, tutto è ordinato alla salvezza dell’uomo, Dio non fa niente se non a questo fine” [Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138].
E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: “Nulla accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio” [San Tommaso More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del 22 giugno].
E Giuliana di Norwich: “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene. … : “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà per il bene” [Giuliana di Norwich, Rivelazioni dell’amore divino, 32].
FONTE CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA PER L’ITALIA:
http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P18.HTM
RIFERIMENTO 1) CCC 313 (CEI):
Rm 8, 28
[28] Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
FONTE SACRA SCRITTURA (CEI 2008):
http://www.vatican.va/archive/ITA0001/__PX5.HTM
RIFERIMENTO 2) CCC 313 (CEI):
Santa Caterina da Siena, Dialoghi, 4, 138
138
Allora quella anima, aprendo l'occhio dell’intelletto col lume della santissima fede nella divina sua maestà con (145v) veemente desiderio, perché per le parole dette più conosceva della sua verità nella dolce Provvidenza sua, per obbedire al comandamento suo, specolandosi ne l'abisso della sua carità vedeva come egli era somma ed eterna Bontà, e come per solo amore ci aveva creati e ricomprati del sangue del suo Figlio; e con questo amore medesimo dava ciò che egli dava e permetteva: tribolazioni e consolazioni e ogni cosa era dato per amore e per provedere a la salvezza dell’uomo, e non per verun altro fine. Il sangue sparto, il quale vedeva, con tanto fuoco d'amore, manifestava che questo era la verità.
Allora diceva il sommo ed eterno Padre: - Questi sono come aciecati per il proprio amore che hanno di loro medesimi, scandelizzandosi con molta impazienza. Io ti parlo ora in particolare e in generale, ripigliando quello ch'Io ti dicevo. Essi giudicano in male, e in loro danno e ruina e in odio, quello che Io fo per amore e per loro bene, per privarli delle pene etternali, e per guadagno e per darlo' vita eterna. § 35, 179ss.; § 135 ,11) E perché dunque si lagnano di me? Perché non sperano in me ma in loro medesimi; già ti ho detto che per questo vengono a tenebre, sì che non cognoscono. Così odiano quello che debbono avere in deferenza, e come superbi vogliono giudicare gli occulti miei giudicii, i quali sono tutti dritti. Ma essi fanno come il cieco, che col tatto della mano, o alcune volte col sapore del gusto, e quando col suono della voce, vorrà giudicare in bene e in male, secondo il suo basso infermo e piccolo sapere. E non si vorranno attenere a me, che sono vero lume e sono colui che gli notrico spiritualmente e corporalmente, e senza me veruna cosa possono avere.
E se alcune volte sono servito da la creatura, Io sono colui che gli ho dato la volontà e l'attitudine, e il potere e il sapere a poterlo fare. Ma come matto egli vuole andare col sentimento della mano, che è ingannata nel suo toccare, perché non ha lume per (146r) discernere il colore; e così il gusto s'inganna, perché non vede l'animale immondo che si pone alcune volte in sul cibo; l'orecchia è ingannata nel diletto del suono, perché non vede colui che canta, il quale con quello suono, se non si guardasse da lui, per lo diletto egli gli può dare la morte.
Così fanno costoro i quali, come aciecati, perduto il lume della ragione, toccando con la mano del sentimento sensitivo i diletti del mondo gli paiono buoni; ma perché egli non vede non si guarda, ché egli è uno panno mischiato di molte spine, con molta miseria e grandi affanni, in tanto che il cuore che lo possiede fuore di me è in comportabile a se medesimo.
Così la bocca del desiderio che disordinatamente l'ama, le paiono dolci e soavi a prendere, ed egli v'è su l'animale immondo di molti peccati mortali, i quali fanno immonda l'anima e dilonganla da la similitudine mia e tollonla della vita della grazia. Così se egli non va col lume della santissima fede a purificarla nel sangue, n'ha morte eterna. L'udire è l'amore proprio di sé, che gli pare che gli faccia uno dolce suono. Perché gli pare? Perché l'anima corre dietro a l'amore della propria sensualità. Ma perché non vede è ingannato dal suono, e perché gli andò dietro con disordinato diletto, trovasi menato nella fossa, (Mt 15,14 Lc 6,39) legato col legame della colpa, menato nelle mani dei nemici suoi, poiché come aciecato dal proprio amore e confidanza che hanno posta a loro medesimi e al loro proprio sapere, non s'attengono a me che sono guida e via loro.
La quale via vi fu fatta dal Verbo del mio Figlio, il quale disse che era via verità e vita. Ed è lume, così chi va per lui non può essere ingannato né andare per le tenebre. E alcun può venire a me se non per lui, perché egli è una cosa con me; (Jn 14,6 Jn 10,30) e già ti dissi che Io ve n'avevo fatto ponte affinché tutti poteste venire al termine vostro. E nondimeno con tutto questo (146v) non si fidano di me, che non voglio altro che la loro santificazione, (1Th 4,3) e per questo fine, con grande amore, lo' do e permetto ogni cosa. Ed essi sempre si scandelizzano in me, e Io con pazienza gli porto e gli sostengo, poiché Io gli amai senza essere amato da loro. (1Jn 4,10) Ed eglino sempre mi persegueno con molta impazienza, odio e mormorazioni e con molta infedeltà, volendosi porre a investigare secondo il loro cieco vedere gli occulti miei giudicii, i quali sono fatti tutti giustamente e per amore. E non cognoscono ancora loro medesimi, e però vedono falsamente, poiché chi non conosce se medesimo non può conoscere me, né le giustizie mie in verità.
FONTE TESTO SPIRITUALITA’ DOMENICANA
http://www.preticattolici.it/Santa%20Caterina.htm#maestà
RIFERIMENTO 3) CCC 313 (CEI):
San Tommaso More, Lettera ad Alice Alington di Margaret Roper sul colloquio avuto in carcere con il padre, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del 22 giugno
Dalla «Lettera» di Tommaso More, scritta in carcere alla figlia Margaret Roper.
Mi rimetto interamente a Dio, sperando pienamente in lui
Mia cara Margherit, io so che, per la mia cattiveria, meriterei di esser abbandonato da Dio, tuttavia non posso che confidare nella sua misericordiosa bontà, poiché la sua grazia mi ha fortificato sino ad ora e ha dato tanta serenità e gioia al mio cuore da rendermi del tutto disposto a perdere i beni, la patria e persino la vita, piuttosto che giurare contro la mia coscienza. Egli ha reso il re favorevole verso di me, tanto che finora si é limitato a togliermi solo la libertà. Dirò di più. La grazia di Dio mi ha fatto così gran bene e dato tale forza spirituale da farmi considerare la carcerazione come il principale dei benefici elargitimi.
Non posso, perciò, dubitare della grazia di Dio. Se egli vorrà, potrà mantenere benevolo il re nei miei riguardi, al fine che non mi faccia alcun male. Ma se decide ch'io soffra per i miei peccati, la sua grazia mi darà certo la forza di accettare tutto pazientemente, e forse anche gioiosamente. La sua infinita bontà, per i meriti della sua amarissima passione, farà sì che le mie sofferenze servano a liberarmi dalle pene del purgatorio e anzi ad ottenermi la ricompensa desiderata in cielo.
Dubitare di lui, mia piccola Margherita, io non posso e non voglio, sebbene mi senta tanto debole. E quan'anche io dovessi sentire paura al punto da essere sopraffatto, allora mi ricorderai di san Pietro, che per la sua poca fede cominciò ad affondare nel lago al primo colpo di vento, e farei come fece lui, invocherei cioè Cristo e lo pregherei di aiutarmi. Senza dubbio allora egli mi porgerebbe la sua santa mano per impedirmi di annegare nel mare tempestoso. Se poi egli dovesse permettere che imiti ancora in peggio san Pietro, nel cedere, giurare e spergiurare (me ne scampi e liberi nostro Signore nella sua amorissima passione, e piuttosto mi faccia perdere, che vincere a prezzo di tanta bassezza), anche in questo caso non cesserei di confidare nella sua bontà, sicuro che egli porrebbe su di me il suo pietosissimo occhio, come fece con san Pietro, e mi aiuterebbe a rialzarmi e confessare nuovamente la verità, che sento nella mia conoscenza. Mi farebbe sentire qui in terra la vergogna e il dolore per il mio peccato.
Ad ogni modo, mia Margherita, io so bene che senza mia colpa egli non permetterà mai che io perisca. Per questo io mi rimetto interamente in lui pieno della più forte fiducia. Ma facendo anche l'ipotesi della mia perdizione per i miei peccati, anche allora io servirei a lode della giustizia divina. Ho però ferma fiducia, Margherita, e nutro certa speranza che la tenerissima pietà di Dio salverà la mia povera anima e mi concerderà di lodare la sua misericordia. Perciò, mia buona figlia, non turbare mai il tuo cuore per alcunché mi possa accadere in questo mondo. Nulla accade che Dio non voglia, ed io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio.
FONTE LETTERARIA:
(Da: Correspondence, ed. by E. F. Rogers, Princeton, 1947, pp. 530-532)
FONTE WEB:
http://liturgia.silvestrini.org/santo/211.html
RIFERIMENTO 4) CCC 313 (CEI):
Giuliana di Norwich, Rivelazioni dell’amore divino, 32
Dal Libro delle Rivelazioni di Giuliana di Norwich.
Cap. 32. Op. cit., pp. 173-174.
TUTTO FINIRÀ BENE (CONTINUAZIONE)
Quando il Signore mi disse: “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà bene”, in questa espressione la mia
anima colse diverse maniere di intendere. Una era questa: Gesù vuole farci sapere che egli non bada solo alle cose nobili e grandi, ma anche a quelle umili e piccole, a ciò che è modesto e semplice. Questo è il suo pensiero quando dice: “Ogni specie di cosa sarà bene”. Egli vuole che sappiamo che anche la cosa più piccola non sarà
dimenticata né perduta. Un altro significato è questo: sono tante le azioni cattive fatte davanti ai nostri occhi, e sono tanti i mali, che ci sembra del tutto impossibile che le cose possano giungere a buon fine. Noi ci affliggiamo su queste cose, senza riuscire ad entrare nei piani di Dio come dovremmo. Ciò succede perché la nostra ragione è così cieca e debole che non riusciamo a conoscere la stupenda sapienza, la potenza e la bontà della Trinità beata. Nelle parole: “Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà bene” è come se Nostro Signore dicesse: “Accetta ora con fede e fiducia, e alla fine estrema tu vedrai perfettamente in pienezza di gioia”. Queste parole ci devono confortare nel pensiero di ciò
che Dio farà più tardi. C’è un’opera che la beatissima Trinità compirà nell’ultimo giorno; quale opera sarà e come si
realizzerà resta ancora ignoto a tutte le creature fino a quando sarà compiuta.
FONTE TESTO:
http://www.certosini.info/preghiera/lezion/c/lp_feriali_C_02_avv.pdf
IMMAGINE:
Beata Giuliana di Norwich
TESTO IMMAGINE:
BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo AVI
Mercoledì, 1 dicembre 2010
Giuliana di Norwich
Cari fratelli e sorelle,
ricordo ancora con grande gioia il Viaggio apostolico compiuto nel Regno Unito nello scorso settembre. L’Inghilterra è una terra che ha dato i natali a tante figure illustri che con la loro testimonianza ed il loro insegnamento abbelliscono la storia della Chiesa. Una di esse, venerata tanto dalla Chiesa Cattolica quanto dalla Comunione anglicana, è la mistica Giuliana di Norwich, di cui vorrei parlarvi questa mattina.
Le notizie di cui disponiamo sulla sua vita – non molte – sono desunte principalmente dal libro in cui questa donna gentile e pia ha raccolto il contenuto delle sue visioni, intitolato Rivelazioni dell’Amore divino. Si sa che è vissuta dal 1342 al 1430 circa, anni tormentati sia per la Chiesa, lacerata dallo scisma seguito al ritorno del Papa da Avignone a Roma, sia per la vita della gente che subiva le conseguenze di una lunga guerra tra il regno d’Inghilterra e quello di Francia. Dio, però, anche nei tempi di tribolazione, non cessa di suscitare figure come Giuliana di Norwich, per richiamare gli uomini alla pace, all’amore e alla gioia.
Come ella stessa ci racconta, nel maggio del 1373, probabilmente il 13 di quel mese, fu colpita all’improvviso da una malattia gravissima che in tre giorni sembrò portarla alla morte. Dopo che il sacerdote, accorso al suo capezzale, le mostrò il Crocifisso, Giuliana non solo riacquistò prontamente la salute, ma ricevette quelle sedici rivelazioni che successivamente riportò per iscritto e commentò nel suo libro, le Rivelazioni dell’Amore divino. E fu proprio il Signore che, quindici anni dopo questi avvenimenti straordinari, le svelò il senso di quelle visioni. “Vorresti sapere cosa ha inteso il tuo Signore e conoscere il senso di questa rivelazione? Sappilo bene: amore è ciò che Lui ha inteso. Chi te lo rivela? L’amore. Perché te lo rivela? Per amore ... Così imparai che nostro Signore significa amore” (Giuliana di Norwich, Il libro delle rivelazioni, cap. 86, Milano 1997, p. 320).
Ispirata dall’amore divino, Giuliana operò una scelta radicale. Come un’antica anacoreta, scelse di vivere all’interno di una cella, collocata in prossimità della chiesa intitolata a san Giuliano, dentro la città di Norwich, ai suoi tempi un importante centro urbano, vicino a Londra. Forse, assunse il nome di Giuliana proprio da quello del santo cui era dedicata la chiesa presso cui visse per tanti anni, sino alla morte. Potrebbe sorprenderci e persino lasciarci perplessi questa decisione di vivere “reclusa”, come si diceva ai suoi tempi. Ma non era la sola a compiere tale scelta: in quei secoli un numero considerevole di donne optò per questo genere di vita, adottando delle regole appositamente elaborate per esse, come quella composta da sant’Aelredo di Rievaulx. Le anacorete o “recluse”, all’interno della loro cella, si dedicavano alla preghiera, alla meditazione e allo studio. In tal modo, maturavano una sensibilità umana e religiosa finissima, che le rendeva venerate dalla gente. Uomini e donne di ogni età e condizione, bisognosi di consigli e di conforto, le ricercavano devotamente. Quindi non era una scelta individualistica; proprio con questa vicinanza al Signore maturava in lei anche la capacità di essere consigliera per tanti, di aiutare quanti vivevano in difficoltà in questa vita.
Sappiamo che anche Giuliana riceveva frequenti visite, come ci è attestato dall’autobiografia di un’altra fervente cristiana del suo tempo, Margery Kempe, che si recò a Norwich nel 1413 per ricevere suggerimenti sulla sua vita spirituale. Ecco perché, quando Giuliana era viva, era chiamata, com’è scritto sul monumento funebre che ne raccoglie le spoglie: “Madre Giuliana”. Era divenuta una madre per molti.
Le donne e gli uomini che si ritirano per vivere in compagnia di Dio, proprio grazie a questa loro scelta, acquisiscono un grande senso di compassione per le pene e le debolezze degli altri. Amiche ed amici di Dio, dispongono di una sapienza che il mondo, da cui si allontanano, non possiede e, con amabilità, la condividono con coloro che bussano alla loro porta. Penso, dunque, con ammirazione e riconoscenza, ai monasteri di clausura femminili e maschili che, oggi più che mai, sono oasi di pace e di speranza, prezioso tesoro per tutta la Chiesa, specialmente nel richiamare il primato di Dio e l’importanza di una preghiera costante e intensa per il cammino di fede.
Fu proprio nella solitudine abitata da Dio che Giuliana di Norwich compose le Rivelazioni dell’Amore divino, di cui ci sono giunte due redazioni, una più breve, probabilmente la più antica, ed una più lunga. Questo libro contiene un messaggio di ottimismo fondato sulla certezza di essere amati da Dio e di essere protetti dalla sua Provvidenza. Leggiamo in questo libro le seguenti stupende parole: “Vidi con assoluta sicurezza ... che Dio prima ancora di crearci ci ha amati, di un amore che non è mai venuto meno, né mai svanirà. E in questo amore Egli ha fatto tutte le sue opere, e in questo amore Egli ha fatto in modo che tutte le cose risultino utili per noi, e in questo amore la nostra vita dura per sempre ... In questo amore noi abbiamo il nostro principio, e tutto questo noi lo vedremo in Dio senza fine” (Il libro delle rivelazioni, cap. 86, p. 320).
Il tema dell’amore divino ritorna spesso nelle visioni di Giuliana di Norwich che, con una certa audacia, non esita a paragonarlo anche all’amore materno. È questo uno dei messaggi più caratteristici della sua teologia mistica. La tenerezza, la sollecitudine e la dolcezza della bontà di Dio verso di noi sono così grandi che, a noi pellegrini sulla terra, evocano l’amore di una madre per i propri figli. In realtà, anche i profeti biblici a volte hanno usato questo linguaggio che richiama la tenerezza, l’intensità e la totalità dell’amore di Dio, che si manifesta nella creazione e in tutta la storia della salvezza e ha il culmine nell’Incarnazione del Figlio. Dio, però, supera sempre ogni amore umano, come dice il profeta Isaia: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49, 15). Giuliana di Norwich ha compreso il messaggio centrale per la vita spirituale: Dio è amore e solo quando ci si apre, totalmente e con fiducia totale, a questo amore e si lascia che esso diventi l’unica guida dell’esistenza, tutto viene trasfigurato, si trovano la vera pace e la vera gioia e si è capaci di diffonderle intorno a sé.
Vorrei sottolineare un altro punto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica riporta le parole di Giuliana di Norwich quando espone il punto di vista della fede cattolica su un argomento che non cessa di costituire una provocazione per tutti i credenti (cfr nn. 304-314). Se Dio è sommamente buono e sapiente, perché esistono il male e la sofferenza degli innocenti? Anche i santi, proprio i santi, si sono posti questa domanda. Illuminati dalla fede, essi ci danno una risposta che apre il nostro cuore alla fiducia e alla speranza: nei misteriosi disegni della Provvidenza, anche dal male Dio sa trarre un bene più grande come scrisse Giuliana di Norwich: “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene …” (Il libro delle rivelazioni, cap. 32, p. 173).
Sì, cari fratelli e sorelle, le promesse di Dio sono sempre più grandi delle nostre attese. Se consegniamo a Dio, al suo immenso amore, i desideri più puri e più profondi del nostro cuore, non saremo mai delusi. “E tutto sarà bene”, “ogni cosa sarà per il bene”: questo il messaggio finale che Giuliana di Norwich ci trasmette e che anch’io vi propongo quest’oggi. Grazie.
FONTE TESTO IMMAGINE:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2010/documents/hf_ben-xvi_aud_20101201_it.html
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NOTE:
Non c'è alcuna traccia di una eventuale beatificazione di Giuliana, e nemmeno di culto pubblico: tuttavia ella è talvolta chiamata beata e ricordata il 13 o il 14 maggio.
FONTE NOTA:
http://www.santiebeati.it/dettaglio/53040
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